Il ritratto fotografico

Pubblicato: Giovedì, 26 Gennaio 2012 Scritto da Leopoldo Minicucci

Il soggetto

L’artista e il soggetto

Un autore è sempre vincolato a certi soggetti. Questo accade per gli stessi motivi che nelle arti rendono indissolubili forma e contenuto. E’, a mio avviso, errata l’idea che ritiene indifferente la cosa rappresentata rispetto al modo della sua rappresentazione, infatti il modo di rappresentare dipende fortemente dalla cosa rappresentata. Il potere dell’artista è quasi assoluto quando tratta materia che gli sono congeniali e che perciò conosce. Poco o nulla negli altri casi. Tale congenialità si traduce poi nella preferenza di certi oggetti-soggetti.

Il ritratto

Definizione
Il ritratto è esprimere una persona attraverso la sua immagine, quindi sempre ritratto psicologico altrimenti si rischia di ridurre la persona al rango di oggetto. Quando il ritratto riesce fa del soggetto un personaggio, una presenza alla quale non si può restare indifferenti, anche se la persona che ha posato non riveste per lo spettatore un particolare interesse.

La scelta del soggetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un ritratto riuscito inizia con la scelta del soggetto, pur essendo ovvio che un professionista deve saper eseguire il ritratto di chiunque glielo chieda. L’ininterrotta tensione del fotografo a “indovinare” ( dai gesti, dalla mimica, dal modo di muoversi) le persone nella loro verità più profonda, è spesso sufficiente a dargli l’intuizione iniziale del ritratto. Ma
questa intuizione non è sufficiente occorre infatti mettersi ad osservare il soggetto in modo indiscreto, penetrante e riuscire a porsi in relazione. Questa osservazione, anche quando è nei limiti della convenienza e se c’è il consenso, provoca un disagio reciproco e, talvolta, reazioni impreviste.
Ralph Hattersley, fotografo americano, ebbe a osservare che il guardare attento del fotografo viene sovente interpretato come: richiesta d’affetto, se non di amore, come tentativo di dominare, come giudizio, come offerta d’affetto o di amore, come odio, come insolenza, come curiosità, come comprensione, come solidarietà, etc.

 

Il motivo della scelta del soggetto
Il motivo per cui il fotografo desidera fare il ritratto a qualcuno è in realtà un mix di motivazioni. Sotto il nome ANNESSIONISMO troviamo varie combinazioni di stima, possesso, aggressione, denigrazione, riverenza, soggezione, innamoramento e così via secondo il positivo ed il negativo del proprio essere. Un buon ritratto è sempre qualcosa di positivo ma non è detto che la sua origine sia sempre interamente positiva. Anzi una partenza tutta positiva non esiste come non esiste una tutta negativa.

La personalità del soggetto e la sua collaborazione
La personalità del soggetto ritratto è la materia più profonda di questo. Ciò sta a significare che solo da un soggetto di carattere eccezionale ( severo, elegante, perverso, candido, etc.) si possa ottenere un buon ritratto? Certo questa è di solito una situazione favorevole, tuttavia la caratteristica che conta maggiormente è la fiducia del soggetto in se stesso come personaggio di un ritratto, anche se tale fiducia non gli è immediatamente cosciente ed esplicita. E qui subentra l’abilità del fotografo nel portare alla luce questa consapevolezza facendo sì che il soggetto sia partecipe della realizzazione del ritratto.

Dalla parte del soggetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il quasi universale imbarazzo di fronte alla camera puntata prova che il gesto di fotografare prende di sorpresa.

L’apparecchio minaccia di vedere più di quanto si desidera mostrare di se e quindi provoca imbarazzo. Secondo il pensiero esistenzialista l’essere visti è la stessa cosa che vedersi, ovvero divenire profondamente autocoscienti, confrontarsi con il proprio io e subirne l’effetto. L’autosensibilità provocata dalla camera nel soggetto lo rende meno
spontaneo e quindi meno vitale. L’obiettivo mobilita la normale timidezza che è presente in ognuno di noi. Lo scatto fissa in eterno un aspetto che il soggetto non vede e che perciò sfugge al suo controllo: di fronte alla camera sa di essere impotente! Da qui ha origine il posare, ovvero la recita di una parte che spesso è misera o imbarazzata. Ciò
significa nella maggior parte dei casi apparire stupiti o stupidi. Stupiti quando viene colto l’attimo in cui si si rende conto che si sta per essere fotografati.
Stupidi quando si è avuto il tempo di recitarla.

Il mito della fotogenia
La fotogenia senza dubbio esiste ed è un possibile aspetto della persona. Sono “fotogenici” coloro la cui immagine “prende bene”. Si tratta in gran parte di leggenda infatti sono realmente fotogenici coloro che provano poco o nessun imbarazzo nell’essere fotografati, e che riescono a vincerlo fino a trasformarlo in un fattore espressivo del loro essere per la fotografia.

Il ritratto totale
La scelta del soggetto, la sua collaborazione, la sua fotogenia, per quanto necessarie, non fanno il ritratto già pronto.
La buona qualità della preparazione aumenta la responsabilità del fotografo che rischia di cadere nel grottesco o nella sdolcinatura (come ebbe a osservare Cartier Bresson). Da qui sorge il tema del ritratto totale ovvero quel ritratto che oltre ad esprimere il soggetto fotografato e la sua personalità contiene anche il pensiero e l’emozione del fotografo che deve imprimere nell’immagine ciò che pensa. Perciò occorre proprio la consapevolezza di cosa si pensa dell’uomo e non è necessario che questo pensiero sia positivo. Se lo è tanto meglio, ma con i soli buoni sentimenti non si fa poesia: ciò che questa vuole sono i sentimenti forti. Occorre dunque cercare di imparare a compiere la decifrazione psicologica del ritratto per non incorrere nel tecnicismo di chi si limita a valutarne il solo lato estetico: taglio, illuminazione, etc.

La regia del ritratto e la tecnica della regia
Quando il fotografo ha scelto il soggetto e lo pone davanti all’obiettivo sa che “ ora tocca a lui o lei” ma sa anche che questa potenza del soggetto si può esplicare solo nell’ambito delle modalità che il fotografo stesso ha scelto: cioè funziona nell’ambito della sua regia. La regia è il lavoro dedito alla previsione del risultato che il fotografo intende
ottenere. I mezzi per ottenere tale risultato costituiscono la tecnica della regia. Andiamo quindi a analizzare questi mezzi:

  • L’ILLUMINAZIONE
    è considerata l’elemento principale del ritratto fotografico, a volte in modo quasi meccanicistico con schemi preconfezionati, altre in modo più sensato quando con la luce si cerca di evidenziare e rivelare le forme del soggetto. Dovremmo non lasciarsi trascinare dal desiderio di dissimulare gli aspetti meno gradevoli del soggetto ed evidenziare quelli più accattivanti perché così si ottiene una foto di moda, non un ritratto vero. Un ritratto vero non deve imbruttire deve semplicemente essere vero.
  • L’ABBIGLIAMENTO
    è il materiale plastico con cui ci si esprime nei confronti della società, può essere usato per conformarsi, adeguarsi o ribellarsi ai suoi modelli ma comunque è necessario a tutti. Il fotografo può sia far vestire il soggetto in un modo particolare secondo la sua regia o accettare il modo in cui si è vestito cercando di valorizzare l’elemento psicologico che ne traspare.
  • GLI ACCESSORI
    sono le cose che vengono ritratte insieme al soggetto e che spesso si pensa possano servire a farlo sentire più a suo agio in quanto si occupa dell’accessorio. Anche qui c’è un pericolo: che il soggetto se ne occupi in modo innaturale e non spontaneo. Essi dovrebbero apparire come parte del soggetto come il suo stesso abito.
  • LA POSA
    è l’atteggiamento intimo ed esteriore con cui il soggetto si offre o viene fatto offrire all’obiettivo.
    La posa è il ritratto stesso come sintesi di illuminazione, abbigliamento ed accessori dando loro significato.
  • LA DINAMICA DELLA SEDUTA
    presuppone un vero e proprio galateo fotografico che non può essere trascurato pena il fallimento del ritratto. La distanza nel dialogo fotografico è questione assai più delicata della normale distanza che si interpone tra due soggetti qualsiasi poiché il fotografo osserva il soggetto in quel modo che abbiamo analizzato. Spesso una distanza maggiore, e quindi l’uso di un medio tele, consentono al soggetto di sentirsi più a suo agio e di comportarsi in modo più naturale.

La direzione dello sguardo
La regola sociale che impone di non fissare chi ci sta vicino si rovescia con l’interlocutore, nel dialogo il volto e lo sguardo devono essere rivolti a lui con franchezza. Per questo motivo il ritratto con una aperta figurazione dello sguardo in avanti è il più frequente e quello che ha la migliore probabilità di riuscita.

Ritratto oggettivo e soggettivo
La fotocamera non è strumento di semplice riproduzione oggettiva delle cose, in particolare nel ritratto l’interiorità dell’autore deve avere un risalto predominante. Il ritratto soggettivo è quello che ricrea il soggetto nella zona della sua personalità che l’autore sente identica alla propria. Nel ritratto oggettivo l’autore cerca di essere “al di fuori” ed al soggetto viene comunque lasciata la massima libertà di espressione.

Generi del ritratto fotografico

Il Ritratto recitato è quello dove si usano modelli e modelle professioniste per foto di moda, pubblicitarie e simili.
Spesso questi sono falsi ritratti perché lo scopo non consiste nella rappresentazione della personalità del soggetto.

Il Ritratto posato è il genere più antico infatti le prime emulsioni sensibili richiedevano anche alcuni minuti di esposizione e così la posa era inevitabile.

Il Ritratto agito o narrato
è quello che tenta di esprimere il soggetto attraverso l’irripetibile individualità di un suo gesto, un suo atteggiamento. Narrato perché la sua tecnica è la medesima che usa il fotografo narrativo. Agito perché il carattere del soggetto viene espresso mediante la sua dinamica fisica

Il Ritratto rubato è un genere particolare e minore del ritratto agito. Questo tipo di ritratto richiama alla mente la caccia fotografica infatti il soggetto è ignaro ed il fotografo tenta appunto di rubare l’immagine ad insaputa del soggetto per rendere quella naturalezza e spontaneità che altrimenti non ci sarebbe. Se il soggetto si avvede di quanto sta accadendo questo può trasformarsi in un ritratto posato od agito.

Il Ritratto ambientato è una sorta di ritratto doppio, una giustapposizione di soggetto ed ambiente, un ritratto insieme del soggetto e del suo ambiente. Possono essere composizioni contrastanti (una bella ragazza tra i ruderi) o meno (in un ambiente romantico) o meno ma comunque richiedono una intensa collaborazione tra fotografo e soggetto.


Il ritratto in luce ambiente

Il ritratto in luce ambiente è forse quello che chiede più attenzione ed una piccola pianificazione tecnica ma allo stesso tempo è quello che rende più probabile un risultato di grande livello. L’assenza di luci e apparecchiature fa sentire il soggetto al centro dell’attenzione e protagonista assoluto per cui si predispone positivamente sentendo solleticata la
sua vanità.

Dieci consigli per un ritratto in luce ambiente:

  1. Regolare sia l’autofocus che l’esposimetro su lettura spot
  2. Evitate di scattare quando il sole è basso sull’orizzonte o al livello della eventuale finestra
  3. Accessori utili e di basso costo sono due cartoncini uno bianco per esaltare la luce ed uno nero per esaltare le ombre
  4. Per un ritratto efficace ponete il soggetto con la luce radente e accostate il cartone nero dall’altro lato per esaltare le ombre
  5. Posizionando il soggetto a circa due metri dalla parete di fondo potrete creare uno sfondo scuro o nero per effetto della caduta della luce
  6. Una superficie riflettente (cartone bianco) sul lato più scuro del soggetto bilancia la luce degli occhi
  7. Un flash di riempimento può servire sulla spiaggia per dare una immagine più levigata
  8. Evitate la luce solare diretta quando è troppo intensa
  9. Un ritratto sotto i rami di un albero potrà avere delle ombre molto efficaci specie nel bianco e nero
  10. Le persiane possono creare dei giochi di luce sul viso con la luce che filtra attraverso